- 2 Novembre 2017
- Antonio Nicoletti
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A seguito della novella apportata all’art. 29 del Dlgs. 276/2003 dalla Legge 122/2016, in caso di cambio di appalto l’appaltatore subentrante non risponde solidalmente con l’appaltatore uscente, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2112 del Codice Civile (trasferimento d’azienda), qualora: (a) il subentrante possieda una propria struttura organizzativa e operativa; e (b) sia possibile rilevare elementi di discontinuità con l’appaltatore uscente, tali da conferire una specifica identità all’impresa esercitata dall’appaltatore subentrante.
In particolare, il nuovo articolo 29 del Dlgs 276/03 recita testualmente (in corsivo il testo aggiunto alla norma precedentemente in vigore): «l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale o di clausola di contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda».
Con la nuova disposizione, dunque, permane la dicotomia tra cambio di appalto e trasferimento d’azienda.
Tuttavia, di fronte a formule generali e in mancanza di parametri oggettivi, la difficoltà sta nel determinare – con un sufficiente grado di certezza, anche al fine di evitare il proliferare di contenziosi dall’esito giudiziale difficilmente prevedibile – quando si configurino in concreto i nuovi elementi introdotti dal legislatore nella norma in discorso.
Certamente, un chiaro indice da cui ricavare l’elemento della “propria struttura organizzativa e operativa”, è rinvenibile nel mancato trasferimento di beni e mezzi di rilevante entità e/o importanza, dall’appaltatore uscente all’appaltatore subentrante. Diversamente, si configurerà un’evidente continuità tra l’impresa del precedente appaltatore e quella del nuovo appaltatore, venendo così a mancare per quest’ultimo l’altro requisito della “specifica identità di impresa”, allorquando a seguito del cambio d’appalto permangono gli stessi mezzi, beni e rapporti giuridici organizzati nella stessa precedente maniera dall’imprenditore subentrante, privo di una vera e propria struttura imprenditoriale.
In tale contesto, in cui risulta tanto più essenziale valorizzare in via interpretativa i diversi elementi di ogni specifica fattispecie, la gestione del personale dipendente nell’ambito di un cambio appalto rischia di complicare l’attività dell’impresa e, con la spada di Damocle della responsabilità solidale con il vecchio appaltatore, si rischia di compromettere la sostenibilità economica dell’appalto stesso.
Ciò, peraltro, senza che l’imprenditore subentrante sia in condizione di poter verificare il corretto adempimento, da parte dell’imprenditore uscente, delle obbligazioni originate dai rapporti di lavoro. Infatti, con l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 29, comma terzo, della c.d. Legge Biagi, la responsabilità solidale in ambito di appalto si svolge per la prima volta in senso “orizzontale” (cioè tra imprenditori che si succedono in un appalto, che spesso sono in concorrenza tra loro per cui risulta senz’altro difficile avere accesso ad informazioni o eseguire controlli sulla precedente gestione), mentre finora ha operato in senso “verticale” (cioè tra committente, appaltatore e subappaltatori, tra i quali sussiste un rapporto di dipendenza economica, oltreché un rapporto contrattuale nel cui ambito si possono prevedere adeguati strumenti di tutela volti a circoscrivere i rischi connessi alla responsabilità solidale).
In questa prospettiva, in caso di cambio appalto la prima condizione da verificare è la presenza o meno di clausole che impongano la c.d. salvaguardia occupazionale. Tale previsione può essere contenuta nei contratti collettivi, in una norma di legge o in un contratto di appalto e, in mancanza di essa, non scatta l’obbligo di riassumere il personale addetto all’appalto e già alle dipendenze dell’appaltatore uscente (il quale potrà a sua volta procedere al licenziamento collettivo, qualora la sua dimensione superi i 15 dipendenti, ovvero, in caso contrario, al licenziamento individuale di tali addetti).
In caso contrario, invece, l’imprenditore che subentra in un appalto dovrà opportunamente, e per quanto possibile, eseguire controlli preventivi sul personale già addetto all’appalto medesimo. Inoltre, uno strumento di tutela adeguato, pur se non privo di costi, potrebbe essere quello di definire accordi transattivi con i lavoratori interessati, prima di procedere alla loro riassunzione.