INTRODUZIONE

La rapida diffusione del Covid-19 dispiega i suoi effetti negativi non solo in ambito sanitario ma anche economico, causando, sia a livello nazionale sia internazionale, un rallentamento ed in molti casi l’interruzione dei cicli produttivi e degli scambi commerciali ad essi connessi.

Situazioni che si ripercuotono inevitabilmente sui rapporti contrattuali instaurati tra gli operatori commerciali di tutto il mondo e che, da un punto di vista giuridico, impongono valutazioni circa l’inadempimento delle prestazioni dedotte in contratto e sulla conseguente responsabilità delle parti.

La dichiarazione di Pandemia dell’OMS ed i provvedimenti adottati a livello nazionale e regionale diretti a contenere l’emergenza epidemiologica, dal momento che impongono forti restrizioni alla circolazione nonché la sospensione di determinate attività d’impresa e professionali, possono essere considerati causa di forza maggiore e, in quanto tali, esimere da responsabilità il debitore inadempiente?

In concreto, ogni valutazione dovrà essere condotta con riferimento al caso specifico “contratto alla mano” e, in primis, dovrà essere diretta a verificare se le parti abbiano preventivamente disciplinato eventuali ipotesi di inadempimento introducendo, nel testo contrattuale, specifiche clausole in merito. In mancanza, occorrerà fare riferimento alla normativa nazionale (forza maggiore/eccessiva onerosità sopravvenuta) od internazionale (c.d. hardship clause) applicabile in materia.

INADEMPIMENTO DEFINITIVO E “CAUSA DI FORZA MAGGIORE”

Il nostro ordinamento prevede una serie di strumenti volti a riequilibrare il sinallagma contrattuale minato da eventi non imputabili al debitore e che esulano, pertanto, dalla sua sfera di controllo.

In particolare, ai sensi dell’art. 1256, 1 co. c.c. “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione sia divenuta impossibile”.

In linea generale, si ritiene che l’inadempimento non sia imputabile al debitore quando l’evento sia dovuto a caso fortuito o forza maggiore.

Pur non essendovi nel nostro ordinamento una precisa definizione della forza maggiore, ai fini che qui interessano, è utile considerare che tra le cause di forza maggiore va ricompreso il c.d. “factum principis”, ossia l’insieme di ordini o divieti sopravvenuti, dettati dall’autorità amministrativa.

L’intervento dell’autorità esula dalla sfera di controllo del debitore, quindi l’inadempimento non è imputabile a quest’ultimo e la sua obbligazione si estingue senza conseguenze negative a suo carico.

Sul punto, il decreto legge del 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia), all’art. 91 ha previsto che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”

Ciò detto, occorre comunque collegare in maniera precisa il mancato adempimento ad una specifica misura disposta dal Governo ovvero dalle singole Regioni (purché queste ultime disposizioni siano applicabili ini quanto non in contrasto con quelle nazionali di rango superiore), dimostrando appunto che a seguito dello specifico divieto la prestazione sia divenuta impossibile.

ECCESSIVA ONEROSITÀ SOPRAVVENUTA

Inoltre, vi sono ipotesi nelle quali avvenimenti straordinari ed imprevedibili determinano un aggravio economico che altera in misura rilevante l’originario equilibrio sinallagmatico nel rapporto tra le parti, incidendo cioè sul valore di una prestazione rispetto all’altra corrispettiva.

In tali casi, trova applicazione l’art. 1467 c.c. il quale pone la risoluzione contrattuale quale rimedio diretto a riequilibrare le posizioni delle parti, stabilendo che “nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di eventi straordinari ed imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto(…)” con effetto retroattivo tra le parti, salvi i diritti dei terzi.

Tuttavia, qualora il creditore abbia interesse a mantenere in vita il rapporto contrattuale, potrà evitare la risoluzione offrendo di modificare equamente le condizioni precedentemente pattuite.

SOLUZIONI OPERATIVE

In luce del quadro normativo sopra delineato, anche al fine di evitare inutili contenziosi, risulta quanto mai utile eseguire una completa mappatura di tutti i contratti in essere con clienti e fornitori (due diligence) onde esplorare gli scenari possibili e valutare anticipatamente la posizione di forza o debolezza contrattuale in cui ci si possa trovare.

In riferimento, invece, ai contratti in fase di negoziazione è certamente utile redigere clausole contrattuali che definiscano compiutamente e in modo ampio le nozioni di forza maggiore e eccessiva onerosità sopravvenuta (se del caso, facendo riferimento ad una serie di specifici eventi a titolo non esaustivo) e che disciplinino in maniera precisa le conseguenze di tali fattispecie con una determinata ripartizione dei rischi tra le parti.

In tale contesto può, inoltre, risultare opportuna la previsione di un procedimento negoziale che scatti al verificarsi di tali eventi e che preveda, tra l’altro, obblighi di informativa e misure conservative del contratto prima di addivenire alla risoluzione.

Da ultimo, possono essere d’ausilio anche alcune polizze assicurative volte a coprire anche il rischio di epidemie, la cui stipulazione può essere convenuta nell’ambito del contratto stipulato tra le parti.

Avv. Antonio Nicoletti

 

 

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