- 9 Settembre 2017
- Antonio Nicoletti
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Trattamento fiscale agevolato – Divieto distribuzione proventi – Trasferibilità della quota – Legittimità dell’aumento di capitale riservato a terzi
In virtù dell’art. 90, l. 289/2002 le disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche (in primis, quelle di cui alla l. 398/1991) si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza scopo di lucro, purché ricorrano determinati requisiti, tra cui l’iscrizione al Registro Nazionale tenuto dal Coni e la trasmissione all’Agenzia delle Entrate del modello EAS entro 60 giorni dalla costituzione (cfr. art. 148 del TUIR e art. 4 del DPR 633/1972).
Dall’assenza dello scopo di lucro scaturisce, quale effetto naturale, il divieto di distribuzione dei proventi della società, cioè utili, riserve, capitale, che non può aver luogo neppure in forma indirettatra i soci. Tale divieto, ai sensi dell’art. 90, co. 18, lett. d, l. 289/2002 (alla medesima stregua delle ASD, sulla falsariga del disposto dell’art. 148 del TUIR), deve essere espressamente previsto nello statutodella SSD e la sua violazione determina la disapplicazione del regime tributario favorevole previsto per gli enti sportivi dilettantistici.
Fatta salva la verifica dei requisiti formali sopra descritti, dunque, per il riconoscimento del diritto alle agevolazioni fiscali occorre verificare se, in concreto, la SSD abbia posto in essere atti mediante i quali i soci possano in qualche modo aver conseguito, anche indirettamente, proventi della società medesima (vd. art. 10, co. 6, D.Lgs. 460/1997, che individua, con presunzione assoluta, talune fattispecie che costituiscono distribuzione indiretta di proventi). Si pensi, ad esempio, ai casi in cui l’amministratore percepisca compensi superiori al limite previsto dal DPR 645/1994 per la carica di presidente del collegio sindacale delle società per azioni, ovvero la SSD corrisponda ad una società immobiliare, con compagine sociale sostanzialmente speculare a quella della SSD, canoni di locazione maggiori rispetto ai valori di mercato, etc. (Ris. Ag. Entr. 25.1.2007, n. 9/E).
Parte della dottrina, sulla base della medesima ratio che subordina, tanto per la ASD quanto per la SSD, il trattamento fiscale agevolativo all’assenza di scopo di lucro, sostiene che il divieto di trasmissibilità della partecipazione societaria (previsto per la ASD dall’art. 148 del TUIR) vada esteso anche alle SSD, in quanto da una cessione della quota “iper valorizzata” potrebbe scaturire una indiretta distribuzione di utili. In altri termini, il socio cedente la quota, pur non avendo ricevuto alcuna distribuzione diretta di utili durante la propria permanenza nel capitale sociale della SSD, potrebbe, in fase di uscita dalla compagine sociale, valorizzare gli utili conseguiti (e non distribuiti) dalla SSD, ricevendoli, pro quota, sotto forma di corrispettivo della partecipazione societaria ceduta. Peraltro, tale tesi sarebbe avvalorata dal divieto di liquidazione della quota operante anche in caso di recesso od esclusione del socio di SSD, ancorato alla espressa previsione de “l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso dì scioglimento delle società e delle associazioni” di cui all’art. 90, co. 18, lett. h, l. 289/2002, obbligo che va recepito nello statuto sociale della SSD.
Al di là della condivisibilità o meno di tale interpretazione della normativa, ci si chiede se possa ritenersi legittimo o meno un aumento di capitale sociale riservato a terzi.
A nostro avviso, tale quesito va risolto positivamente sulla base di un duplice ordine di considerazioni: da un lato, lo statuto della SSD preveda obbligatoriamente, in forza della richiamata disposizione, l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento della società, pertanto, anche il conferimento operato in sede di aumento di capitale non andrebbe comunque, neppure in un secondo momento, a beneficio della sfera patrimoniale del socio della SSD (il quale, peraltro, vedrebbe diluita la propria quota di partecipazione al capitale sociale a seguito dell’ingresso del nuovo socio); dall’altro lato, a seguito dell’aumento di capitale, il socio originario della SSD non percepirebbe alcun corrispettivo, posto che il conferimento avverrebbe unicamente a favore della SSD. Infine, il disposto di cui all’art. 90, co. 18, lett. e, l. 289/2002, secondo cui alle SSD“si applicano le disposizioni del codice civile”, non può che confermare l’interpretazione qui proposta.